giovedì 30 aprile 2009
Macbeth di Gabriele Lavia
Lavia abbandona totalmente la visione classica delle spade e dei duelli e i personaggi indossano giacche molto lunghe con berretti che ricordano molto le divise dei nazisti nei campi di concentramento. Le armi usate, non a caso, sono proprio le sonore pistole degli anni trenta. I cattivi vengono giustiziati con un colpo di pistola alla nuca. Se volessimo dare un'interpretazione a questa scelta, potremmo dire che il regista ha voluto rappresentare l'ormai arcinota modernità di una tragedia shakespeariana.
Gli attori, come su detto, sono molti ma sono sempre gli stessi quelli che risaltano, gli altri, per lo più, fungono da contorno. Ciò nonostante a ognuno va il merito di aver saputo dirigere sé stesso dall'interno in modo da creare una perfetta simbiosi corale con tutto il gruppo e questo vale sia per gli uomini sia per le tre ragazze che interpretavano le streghe (davvero eccellenti).
Sarebbe, invece, piuttosto retorico parlare della bravura di Lavia nel suo ruolo pertanto mi limiterò a dire che è eccellente il misto di solennità e viltà del protagonista mentre Giovanna Di Rauso ha reso la sua Lady esattamente dispotica e arrogante come ci si aspetterebbe.
L'unica nota, forse, negativa dello spettacolo è che il tutto, in alcuni punti, risulta piuttosto pesante e difficile da seguire quindi, forse, è consigliabile solo agli amanti del genere.
Informazioni utili:
Titolo: Macbeth
Autore: William Shakespeare
Regia: Gabriele Lavia
Interpreti: Gabriele Lavia, Giovanna Di Rauso, Maurizio Lombardi, Biagio Forestieri, Patrizio Cigliano, Mario Pietramala, Alessandro Parise, Michele Demaria, Daniel Dwerryhouse, Fabrizio Vona, Andrea Macaluso, Mauro Celaia, Giorgia Sinicorni, Chiara Degani, Giulia Galiani
Dove: Teatro Argentina: Largo Argentina, 52 (Centro Storico)
Voto: 8/10
giovedì 9 aprile 2009
Radice di due
I due attori sono davvero brillanti l'uno (Michele La Ginestra) per i magnifici tempi comici, l'altra (Edy Angelillo) per la vitalità energica che riusciva a trasmettere. Non so se dipende dall'enorme successo della stagione precedente, ma entrambi sembrano essere in perfetta simbiosi l'uno con l'altra sul palcoscenico. Oltre alle battute essi mettono il cuore e, in una commedia in cui si parla di amore, credo che sia la cosa più essenziale.
Il testo è senza dubbio eccellente (non a caso ha vinto il Premio Scrittura Teatrale Diego Fabbri-Forti) e riesce ad accoppiare umorismo e romanticismo.
Quello che colpisce maggiormente è il gioco di luci che sopperiscono pienamente la scarsa scenografia (di cui non si sente affatto la mancanza).
Questo spettacolo è consigliato sia a chi vuole passare una piacevole serata all'insegna di risate, sia a chi vuole portare la propria dolce metà a teatro.
Titolo: Radice di due
Autore: Adriano Bennicelli
Regia: Enrico Maria Lamanna
Interpreti: Michele La Ginestra e Edy Angelillo
Genere: Commedia
Dove: Teatro Italia (fino al 5 aprile)
Voto: 7/10
mercoledì 4 marzo 2009
La rosa tatuata
Considerando l'epoca in cui è stato scritto, è piuttosto divertente il linguaggio che viene usato, la descrizione della realtà italo-americana nella quale vengono messi in gioco i cliches e gli stereotipi dando maggior risalto alla commedia che non alla drammaticità della situazione.
La profondità di ogni personaggio, ognuno che porta in sé una sua croce, richiede inevitabilmente un'ottima preparazione da parte degli attori e va da sé che solo attori con una buona cultura alle spalle possono farsi carico di un simile "fardello" senza coprirsi di ridicolo.
In questo caso gli attori sono stati tutti all'altezza dei loro ruoli, nessuno escluso; ognuno sapeva prendere le giuste pause, i giusti tempi, ognuno sapeva dire la sua battuta con la giusta tonalità, giusta intenzione, giusto volume. La tecninca e l'uso della voce sono stati rispettati in maniera rigorosa tanto che verrebbe da complimentarsi con ognuno di loro per aver ricordato ogni singola regola imparata alla scuola di recitazione. Tutto rispetto agli interpreti. Dieci e lode. Eppure si sentiva che mancava qualcosa: Decisamente mancava qualcosa altrimenti non mi sarei annoiato nei momenti più fiacchi del testo; qualcosa che mi ha fatto riflettere per quasi tutta la durata del primo atto (dura circa un'ora e mezza). Poi ho capito: manca l'anima.
Ogni attore ha fatto tesoro dei consigli dei propri insegnanti ma tutto questo rigore e questo dover attenersi a delle regole tecniche ha fatto dimenticar loro che non si possono trasmettere sentimenti se non si è disposti a mettere in gioco sentimenti.
L'attore non era partecipe con tutto sé stesso nella scena ma si limitava a calarsi in un personaggio e questo ha creato due effetti negativi: non si ride nelle scene comiche e non si prova alcuna commozione in quelle drammatiche.
Nella mia mente ho immaginato almeno quattro potenziali scene con le quali si sarebbero potuti strappare applausi a scena aperta che, invece, non ci sono stati.
E' stato un vero peccato aver sprecato tanto talento con un errore così grave e, a mio avviso, così imperdonabile (scusate la severità, ma non mi manda proprio in un brodo di giuggiole l'idea di pagare un biglietto per poi accorgermi che anche se sono le 22.00, sento il peso delle palpebre).
Una nota positiva, invece, la dedico alla scenografia. Certo è stata realizzabile solo grazia alle ampie dimensioni del palcoscenico ma ciò non toglie che, seppur assente di colori, la minuziosa dedizione a tutti i particolari è piuttosto ammaliante e lo stesso dicasi per le luci che, pur essendo solo luci bianche, sono state sempre regolate in maniera quasi maniacale tanto da dare sempre il giusto risalto alla scena.
Informazioni utili:
Titolo: La rosa tatuata
Autore: Tennessee Williams
Regia: Francesco Tavassi
Interpreti: Mariangela D'Abbraccio (Serafina), Paolo Giovannucci (Alvaro Mangiacavallo), Dajana Roncione (Rosa Delle Rose), Gabriele Russo (Jack Hunter), Francesco Tavassi (Padre De Leo), Federica Restani (Miss Yorke, Estelle, Bessie), Jacqueline Ferry (Flora, Peppina), Antonietta Rado (Assunta)
Genere: Commedia
Voto 5/10
venerdì 27 febbraio 2009
Paspartù
Gli unici due immancabili sono proprio i padri dell'idea: Massimiliano Bruno e Sergio Zecca; idea che può funzionare benissimo in un qualunque spazio aperto alla cultura come un circolo culturale, un caffè o un semplice pub di San Lorenzo.
Infatti la scenografia consiste in un bancone, mensole piene di alcolici e qualche sgabello, il sipario resta sempre aperto (anche prima dell'inizio e dopo la fine) e gli attori non hanno problemi a scendere e fare due chiacchiere con il pubblico prima di iniziare. Lo stesso inizio non è segnalato da uno spegnersi di luci, inizio di musica a apertura di sipario ma dagli stessi attori che salgono sul palco come a dire Un minuto di attenzione, vogliamo raccontarvi una cosa. Il tutto crea un'atmosfera assai diversa dal solito distacco che si ha tra attore-spettatore in un normale spettacolo teatrale, la quarta parete non esiste perché... in fondo siamo in un pub.
Proprio nella perfetta coesione con tutto ciò, non infastidiscono ma addirittura piacciono le piccole imperfezioni dovute a questi repentini cambi di testi da una sera alla successiva: la regia, difatti, è piuttosto semplice (quasi assente) e gli attori, talvolta, sono costretti a recitare con il foglio in mano ma la loro abilità non fa pesare tutto ciò e riescono a dare una perfetta interpretazione anche alla semplice lettura.
La semplicità in gioco ci sta a dire questo non è uno spettacolo teatrale, ma una semplice serata dopo una giornata di lavoro.
Ogni monologo o dialogo è intervallato da un breve pezzo musicale che diventa parte integrante del tutto.
L'atmosfera che si respira è proprio quella di una serata in birreria con gli amici in cui c'è sempre il "simpatico di turno" che si cimenta a intrattenere il "suo pubblico" raccontando una storia. I racconti, infatti, sono tratti da storie di vita di tutti i giorni (almeno quelli che ho visto io... chissà le altre sere). Storie che, effettivamente, sarebbero potute capitare a ognuno di noi e che ognuno di noi avrebbe potuto raccontare anche se, magari, non in maniera altrettanto simpatica e abile come gli attori sul palco. Non è un caso, difatti, che sia io che i miei amici ci siamo rivisti in più di un episodio.
Ad ogni modo, mi sa tanto che è proprio il caso di dire quasi quasi ci ritorno.
Per avere il programma settimana per settimana, si può andare al sito: http://www.paspartu.splinder.com/
oppure su facebook al gruppo PASPARTU' * 100 artisti per una Jam session teatrale (tra l'altro, per gli iscritti al gruppo, c'è la possibilità di avere il biglietto ridotto).
Per senso civico, ci tengo a dire che il ricavato delle serate verrà devoluto a favore del Progetto Teatro 7 – Solidarietà Onlus
Informazioni utili:
Titolo: Paspartù
Da un'idea di: Massimiliano Bruno e Sergio Zecca
Autori: AA.VV.
Interpreti: Massiliano Bruno, Sergio Zecca e altri attori
Genere: Narrazione
Dove: Teatro 7 (Via Benevento, 13)
Quando: Fino al 15 Marzo 2009
Voto: 9/10
lunedì 23 febbraio 2009
Avresti un po' di tempo?
Informazioni utili:
Titolo: Avresti un po' di tempo?
Regia: Fulvio Calderoni, Simone Douani
Interpreti: Fulvio Calderoni, Michele Amadori, Simone Douani
Musiche: Michele Amadori
Genere: Commedia/Comico
Dove: Teatro Manhattan (via Nazionale)
Quando: Fino al 1 Marzo da giovedì a domenica
Voto: 8/10
domenica 15 febbraio 2009
Tevere Grand Hotel
Si riescono a vedere, attraverso le canzoni, veramente quei personaggi e la prostituta, smette di essere meretrice e diventa strega che trasforma la gente ogni volta che fa l'amore con lei. E quello che si vede, è l'amore che il personaggio prova per la prostituta. Lo stesso vale per Osso di Seppia, il barbone analfabeta e un po' filosofo credente in Dio ma che sputa addosso ai preti per passare il tempo.
L'attenzione gira tutta attorno a Mannarino che non fa mai più di tre passi sul piccolissimo palco del Cometa off eppure sembra che si muova vagabondo per mille zone reali o inventate di Roma le cui immagini ci vengono dettate (o, più precisamente, proiettate) su un lenzuolo steso sulla scenografia. Houman Vaziri, il violinista sempre seduto e statico, ci riporta in breve alla realtà: siamo seduti sulle poltrone di un teatro e stiamo guardando uno spettacolo. Uno spettacolo che diverte; uno spettacolo che di sicuro non fa riflettere ma che proprio per questo piace, uno spettacolo che non è uno spettacolo ma non è neanche un concerto ma che, quando è finito, si ha subito voglia di rivedere.
Informazioni utili:
Titolo: Tevere Grand Hotel
Scritto, diretto e interpretato da: Alessandro Mannarino
Musiche: Alessandro Mannarino
Violino: Houman Vaziri
Genere: Musicale
Dove: Teatro Cometa off (via Luca della Robbia, 47. Zona: Testaccio)
Quando: Fino al 15 Febbraio
Voto: 8/10
martedì 27 gennaio 2009
L'arte della commedia
Oreste Campese è il capocomico di una compagnia teatrale che, a seguito di una sventura, si trova costretto a chiedere un favore al nuovo prefetto; tra i due ha luogo una conversazione sul teatro e sul suo impegno civile ma le forti divergenze di idee portano l'istrione a minacciare il Prefetto di mandare i suoi guitti al posto delle persone che avrebbero avuto appuntamento nella giornata per mostrargli come l'illusione teatrale possa essere facilmente confusa con la stessa realtà.
Si presenteranno, effettivamente, diversi ospiti ma le loro tragedie sono talmente vere che di fatto non sapremo mai se si tratta dei reali cittadini o degli attori.
La rappresentazione messa in atto al teatro Vittoria, vanta una scenografia, seppur semplice, di tutto rispetto. Si resta ammaliati dai semplicissimi ma originali effetti come il telo che "scompare" sotto il pavimento o il muro che "diventa trasparente" restando fedelissimi all'idea di Eduardo secondo la quale a teatro non deve essere servita la scena "vera" ma è lo spettatore a doverla immaginare a suo piacimento.
La bravura della regia sta nell'aver creato ottimi espedienti comici nel primo atto che, a dispetto di quanto si potrebbe pensare da una prima lettura del testo, risulta essere molto scorrevole e divertente mentre nel secondo atto è stata colta appieno l'idea di voler mostrare al pubblico "l'Arte della Commedia" ovvero una sintesi di quello che è il teatro: teatro di prosa (il dottore), teatro comico (il parroco), teatro tragico (la maestra) ogni ruolo interpretato con dignità da ogni attore. Ma plaudo prima di tutti gli altri gli interpreti dei ruoli del prefetto e del suo segretario e la scelta di regia di questo duetto decisamente brillante. Le reazioni e la complicità (portata alle estreme conseguenze) di questi personaggi "reali" risultavano essere più finte e grottesche delle espressioni dei personaggi "immaginari" dei guitti portandoci, quindi, alla considerazione fatta dal capocomico Campese nel prologo:
a teatro l'estrema verità sarà sempre data dall'estrema finzione.
Informazioni utili
Titolo L'arte della Commedia
Autore Eduardo De Filippo
Regia Stefano Messina
Interpreti Stefano Altieri, Renato Scarpa, Carlo Lizzani, Massimiliano Franciosa, Roberto Della Casa, Annalisa Favetti, Riccardo Cascadan, Michele Lella, Ludovica Rosenfeld
Genere Commedia
Dove Teatro Vittoria (Piazza Santa Maria Liberatrice, 10. Zona: Testaccio)
Quando fino al 15 febbraio 2009
Voto 7/10
Tanto per gradire, inserisco un video preso da youtube:
Il prologo recitato da Eduardo in una registrazione televisiva del '64
domenica 7 dicembre 2008
Agostino - Rolando Ravello e Massimiliano Bruno
Agostino allora lotta in tutti i modi per poter riottenere la sua casa, prima rivolgendosi allo stato e poi, non ricevendo aiuti, rivolgendosi a chi gli va contro, la malavita; ma alla fine è troppo onesto per accettare che degli scagnozzi massacrino di botte delle povere persone e quindi decide di piazzare una tenda e occupare il pianerottolo.
Come in molte periferie italiane, in questa la legge non conta e vige un vero e proprio Far West dove le persone buone e senza coglioni come Agostino non hanno vita facile e sono destinati alla crudele legge darwiniana che punisce i deboli.
Sono circa quindici i personaggi di questa storia ma un solo attore che li interpreta: uno straordinario Rolando Ravello. Come può interpretare così tanti personaggi? Cambiando la voce e la postura. Sembra quasi di vedere uno spettacolo di un giullare di corte e, pur essendo una storia incredibilmente tragica perchè, in parte, è successa realmente (infatti al momento dei saluti il vero Agostino si palesa sul palco), l'attore riesce a far ridere fino alle lacrime con il suo modo di interpretare i personaggi: la moglie insicura, il maestro rigido e severo (da morire dal ridere), la figlia che non parla mai, il proprietario di casa fascista ma memorabile è il nonno squisitamente volgare che guarda che ssi mme stai a chiede de anna' a dormi' in machina, t'attacchi propio che ar cornicione der cazzo.
Ma l'attore, seppur esageratamente bravo, non è l'unica nota eccellente dello spettacolo.
La storia, infatti, è stata raccontata anche da due musicisti cantastorie, onnipresenti sul palco con musiche bellissime sullo stile di Tom Waits suonate da Alessandro Mannarino (voce e chitarra) e Houman Vaziri (violino).
Ma per ultimo e certamente non ultimo (mi si perdoni la banalità) c'è la magnifica scrittura del grande Massimiliano Bruno autore del testo.
Frasi memorabili che restano nel cuore, che commuovono, che fanno ridere, che restano impresse come la battuta finale recitata dai cantastorie quando Agostino in una mano ha una valigia e nell'altra un mazzo di fiori per provare a riconquistare la moglie che se ne è andata: A quest'eroe non dategli una medaglia ma quello che c'è sotto... il cuore.
Un'ora e mezza di spettacolo che vola talmente in fretta che sembrano essere passati non più di quaranta minuti.
Non riesco a credere a quanto sono stato stupido ad aspettare l'ultimo giorno per andare a vedere questo testo magnifico, in questo modo, non solo non potrò consigliarlo a nessuno, ma non ho neanche la possibilità di tornarci per una seconda volta.
Informazioni utili
Titolo Agostino
Autore Massimiliano Bruno
Regia Lorenzo Gioielli
Interpreti Rolando Ravello
Musiche Alessandro Mannarino(voce/chitarra/giocattoli/percussioni), Houman Vaziri (violino e cianfrusaglie)
Genere Narrazione
Dove Teatro Ambra Jovinelli (via Guglielmo Pepe, 43. Zona: Esquilino)
Voto 10/10
venerdì 7 novembre 2008
Forbici Follia
Ci troviamo nel negozio di un parrucchiere molto “eccentrico” insieme a una parrucchiera coatta di Tor Bella Monaca, una ricca signora molto snob e uno strano uomo che, pare, non abbia molto interesse a farsi tagliare i capelli.
Al piano di sopra abita una famosa concertista che passa le sue giornate a fare esercizi al pianoforte disturbando continuamente la clientela del Forbici Follia.
Quando la pianista viene trovata uccisa dopo essere stata ripetutamente colpita alla gola con delle forbici da barbiere, intervengono due poliziotti affermando che l'omicida è sicuramente una delle persone all'interno del negozio.
Chi di loro? Sarà proprio il pubblico ad aiutare i due agenti nelle loro indagini facendo domande ai sospettati, avanzando ipotesi e perplessità e, infine, giudicando.
Di “giallo” in questo spettacolo c'è ben poco. Trattasi, infatti, di una commedia davvero esilarante e gustosamente originale.
Già l'idea fa capire come questo spettacolo può essere visto anche tutte le sere, si può star certi di non vedere mai due volte la stessa cosa.
Infatti, poiché il pubblico partecipa attivamente, gli attori sono costretti a improvvisare, a modoficare le loro battute e, soprattutto, a riuscire a crearsi un alibi dalle accuse infamanti del pubblico. Verrebbe da pensare che l'autore ha immaginato tutte le possibili domande che potevano essere fatte e ha scritto battute adatte caso per caso per la prontezza e decisione con la quale rispondono gli attori.
Tra i personaggi non è possibile riuscire a sceglierne uno più divertente degli altri. Se dovessi recitare io in questa commedia, sarei ugualmente soddisfatto di qualunque ruolo. Esprimere giudizi sugli attori che li interpretavano, significa scrivere una lista di superlativi assoluti ma, secondo il parere mio e di alcuni amici che sono venuti con me, il commissario stupido e ignorante è stato il migliore. Dovevo trattenermi dalle risate ogni volta che parlava, altrimenti rischiavo di non sentire le battute successive.
Una cosa è certa, tornerò sicuramente a vederlo portando altra gente e consigliandolo vivamente a tutti.
Informazioni utili
Titolo Forbici Follia
Autore Gianni Williams
Regia Gianni Williams
Interpreti Antonello Avallone, Gianni Williams, Silvana De Santis, Sebastiano Nardone, Uberto Kovacevic, Mariafrancesca La Scala
Genere Giallo interattivo/commedia
Dove Teatro dell'Angelo (via Simone de Saint Bon, 19. Zona: Prati)
Quando fino al 18 Gennaio
Altre info www.forbicifollia.com
Voto 10/10
domenica 19 ottobre 2008
Sotto paga non si paga
In questo caso si parla dell'attualissima crisi economica di tutto il mondo e, ovviamente, la colpa viene data ai "padroni" che, come vampiri, succhiano il sangue alla povera gente.
Antonia e Giovanni sono una coppia di sposi. Lei è stata licenziata da un anno e non trova lavoro, lui lavora in una fabbrica che rischia di chiudere per fallimento.
Un bel giorno Antonia torna dal supermercato con decine di buste della spesa e rivela all'amica che c'è stato un grandissimo saccheggio per via dell'aumento dei prezzi ma non può dire a Giovanni di aver preso tutta quella merce senza averla pagata perchè non avrebbe mai approvato.
Quando polizia e carabinieri iniziano a fare la perquisizione di tutte le case della zona, iniziano i problemi per Antonia.
E' ovvio che, un tipo di spettacolo del genere, verrà gradito principalmente da un pubblico di sinistra (anche se non mancano critiche al PD) ma, personalmente, mi sento di consigliarlo a chiunque perchè, al di là del messaggio che può essere più o meno condivisibile, le situazioni comiche che si vengono a creare sono davvero esilaranti, tipiche della Commedia dell'Arte.
Dario Fo si è sempre definito un giullare e questo stile traspare anche nella regia e scrittura creando personaggi totalmente macchiettistici e surreali.
Marina Massironi è decisamente formidabile ma devo dire di aver rivalutato enormemente Antonio Catania che, più che attore, è stato un autentico buffone moderno rendendo comiche anche le battute più fiacche.
Una scelta registica decisamente azzeccata e gradita (almeno dal sottoscritto) è stata quella di far fare i cambi scena agli stessi attori che, con uno sfondo musicale (sempre di Dario Fo), uscivano dai loro personaggi per spostare le quinte e i vari oggetti di scena e quella di far interpretare il carabiniere, il poliziotto, il becchino, il padre di Giovanni e il banchiere allo stesso attore: uno straordinario Sergio Valastro (o, almeno, credo che fosse lui visto che sul sito del teatro non compaiono i nomi dei personaggi vicino a quelli degli attori).
Questo a sottolineare da un lato la mancanza di soldi, come a dire: la crisi economica la sentiamo anche noi; dall'altro, però, c'è il ritorno alla già citata Commedia dell'Arte in cui gli attori provvedevano da soli a cambiare scene e a interpretare più ruoli cambiando semplicemente la maschera.
Se c'è una cosa che non mi è piaciuta, è stato proprio il finale (o meglio, il post-finale).
Gli attori hanno smesso di recitare e hanno iniziato a elencare tutti i problemi dell'Italia trasformando lo spettacolo in un comizio. Fosse dipeso da me, avrei chiuso il sipario 5 minuti prima; ma, del resto, anche questo era da aspettarselo da Dario Fo.
Informazioni utili:
Titolo: Sotto paga, non si paga!
Autore: Dario Fo
Regia: Dario Fo
Interpreti: Marina Massironi, Antonio Catania, Marina De Juli, Renato Marchetti e Sergio Valastro
Genere: Commedia/Satirico
Dove: Teatro Valle (Via del Teatro Valle, 21[Centro strorico])
Quando: Fino al 26 Ottobre
Voto: 8/10
lunedì 13 ottobre 2008
Filumena Marturano
Domenico Soriano è un signorino (ormai assai poco "-ino") che può dire, dall'alto dei suoi 52 anni, di aver avuto tutto dalla vita: donne, denaro, fortune.
Allo stesso modo di tutti i signorini come lui, andava spesso a svagarsi con le prostitute di Vico San Liborio (una sorta della Via del Campo di Fabrizio de André) e, tra le altre, incontra Filumena Marturano della quale si innamora follemente e la prende a vivere con sé.
Ma Filumena è pur sempre una prostituta e non può essere trattata con la stessa dignità di una donna anche se, ancor più di una moglie, lei lo ama, si prende cura di lui e gli è vicino nei momenti più difficili per venticinque anni; eppure Domenico continua la sua vita mondana ignorando del tutto i sacrifici di Filumena.
Finalmente, per convincere Domenico a sposarla, si finge morente ed esprime, come ultimo desiderio, la Sacra Unione ma, dopo la benedizione del prete, rivela l'inganno e di aver architettato tutta la messa in scena per poter dare una famiglia ai suoi tre figli che ha avuto in segreto e di cui non si sa chi è il padre.
Quello che Filumena non ha considerato è che la legge del Mondo, quella degli uomini, quella che fa piangere (mentre la sua fa ridere) non accetta un matrimonio estorto con l'inganno anche se per un fine così nobile quindi riesce a prendere in pugno la situazione confessando a Domenico che uno dei tre è suo figlio ma che non avrebbe mai detto quale perchè hann' a essere tutti e tre eguali.
Credo che le legrime che mi sono uscite alla fine di ogni atto (sono tre in tutto) e i brividi che ho provato nei momenti più salienti del dramma valgono più di ogni recensione che possa venirmi in mente.
Non ci sono parole per esprimere la bellezza della saggezza e filosofia popolare del testo, a mio avviso, tra i più belli mai scritti in assoluto; frasi del tipo I figli non si pagano non hanno nulla da invidiare all'ormai proverbiale O Romeo, Romeo.
Da attore dilettante, credo che, quello di Filumena Marturano, è il ruolo più difficile da interpretare per un'attrice ed è un po' il ruolo per il quale ogni attrice potrebbe mettersi alla prova e sfidare sé stessa da un lato e dall'altro tutte le grandi attrici che hanno già indossato questi panni, da Pupella Maggio per il teatro a Sofia Loren per l'adattamento cinematografico (con Marcello Mastroianni). Sfida che, Lina Sastri ha saputo affrontare a viso alto, tipico del pesonaggio di Filumena.
Eccellente è stato anche il lavoro di Luca De Filippo che ha saputo personalizzare il personaggio piuttosto che adagiarsi all'ombra del padre mostrando di aver avuto decisamente un gran maestro... che non è stato solo Eduardo, ma anche l'ansia di dover sempre reggere un confronto che non dovrebbe avere diritto a esserci.
Davvero simpatici i personaggi di Alfredo e Rosalia che sdrammatizzavano la scena.
Una cosa che ho notato e apprezzato molto è stata la scelta registica di Francesco Rosi di rendere tutto incredibilmente statico contro l'incredibile dinamicità di Filumena come a dare maggior importanza al personaggio.
Un'idea decisamente diversa dalla versione "eduardiana" e, forse, anche più azzeccata perchè, specialmente nei momenti dei principali monologhi, porta l'attenzione esclusivamente sulla protagonista dalla quale traspare il grandissimo amore per la famiglia e il DOVERE di fare tutto per la sua salvaguardia perchè e fij' so' fij'.
Unica nota che potrebbe (dico "potrebbe") essere dolente per un pubblico romano, è l'uso necessario del dialetto napoletano che, alle volte, tende a rendere ostica la comprensione a un orecchio non allenato all'accento partenopeo. Ma sarebbe impensabile (e orrendo) il teatro di Eduardo in una perfetta dizione italiana.
Per concludere: avete ancora più di un mese di tempo. Andate a vedere quello che è un capolavoro del teatro italiano e mondiale in genere fatto da una compagnia di attori davvero bravi.
Informazioni utili:
Titolo: Filumena Marturano
Autore: Eduardo De Filippo
Regia: Francesc Rosi
Interpreti: Lina Sastri, Luca De Filippo, Nicola Di Pinto, Antonella Morea, Giuseppe Rispoli, Gioia Miale, Daniele Russo, Antonio D'Avino, Chiara De Crescenzo, Carmine Borrino, Silvia Maino
Genere: Drammatico
Dove: Teatro Argentina (Largo Argentina, 52 [Centro strorico])
Quando: Fino al 16 Novembre
Voto: 9/10
domenica 5 ottobre 2008
Pazzi in partenza al teatro Agorà
Sono pronti per partire per la vacanza dei loro sogni ma l'arrivo di Pietro, padre dei due uomini, che è scappato da casa e dalla terribile badante, rischia di mandare a monte il loro viaggio, pertanto i giovani cercano di ingannare Giorgio, l'imbranato vicino di casa, e affidargli il padre per la settimana di ferie.
L'arrivo di Margherita, madre delle due sorelle e vedova di sei (o sette?) mariti, non fa che complicare le cose.
Luca Giacomozzi è un autore molto giovane come giovane è il cast di questo spettacolo eppure non si può non ridere di fronte all'ottima riuscita di tutto il complesso.
Nonostante battute comiche e originali, il testo, infatti, rischia di essere insignificante o addirittura banale se non è reso al meglio con i giusti tempi e in questo devo riconoscere negli attori un'ottima capacità interpretativa e tempistica.
Porte che si aprono quando le altre si chiudono, persone che entrano quando le altre escono, voci che parlano quando le altre si attenuano; tutto reso al momento giusto.
È difficile stabilire un attore o attrice più bravo degli altri pertanto, perdonate la banalità, ma faccio i complimenti ai protagonisti (senza nulla togliere agli altri) perché hanno saputo davvero divertirsi sul palco rendendo molto simpatiche le scene in cui Max doveva picchiare Filippo.
Al gioco, hanno saputo stare anche le due ragazze, perfettamente coerenti con i loro personaggi della maniaca delle pulizie (bravissima Claudia) e la confusionaria.
Se proprio dovessi esprimere una critica (per andare a cercare il pelo nell'uovo), non avrei fatto la scelta di registrare la voce di Armadillo 21, il tassista (ma era di Claudio Insegno?) perché, anche se era decisamente difficile trattenere le risate di fronte a quella voce surreale, non sempre riusciva a rispettare i giusti tempi, come invece sarebbe accaduto se ci fosse stato un attore con il microfono da dietro le quinte... ma, come ho già detto, è solo una pignoleria.
Conclusione: se avete voglia di ridere, andate a vederlo.
Informazioni utili:
Titolo: Pazzi in partenza
Autore: Luca Giacomozzi
Regia: Alberto Santos
Supervisione artistica: Claudio Insegno
Interpreti: Marco Cavallaro, Claudia Ferri, Renzo Pagliaroto, Sara Carallo, Carlo Pavan, Carmen Di Marzo e Antonio Conte ed Elena Croce
Genere: Commedia
Dove: Teatro Agorà (Via della Penitenza, 33 [Trastevere])
Quando: Fino al 19 ottobre
Voto: 7/10
lunedì 22 settembre 2008
I silenzi di Fedra
La storia è quella del mito di Fedra, innamorata perdutamente del figliastro Ippolito. Incapace di trattenere il proprio amore, lo confessa, ma viene umiliata dal giovane che non la corrisponde. Entrambi alla fine moriranno, l'uno maledetto dal padre, l'altra suicida.
Dare un voto a questo spettacolo è molto difficile poichè come spesso (purtroppo) accade nel teatro sperimentale a molte luci corrispondono altrettante ombre. Luminosa è senz'altro la "nostra" Flavia Li Vigni (Artemide), ancora una volta pronta a cimentarsi in ruoli sempre diversi, stavolta cantando e recitando. Luminose anche Sara Menna (Afrodite) e Francesca Mariani (Anima di Fedra). Quest'ultima assai più intensa e credibile della regista, sceneggiatrice e protagonista Angela Ricci (Fedra), che troppo spesso si è persa in eccessi d'accademia a netto discapito dell'emozione.
A una scenografia minimalista e interamente viola si contrappone un gran numero di strumenti comunicativi (proiezioni, video, sax e chitarra dal vivo, musiche originali). Il risultato è purtroppo piuttosto disomogeneo, e invece di stupire spesso disorienta.
La prestazione di Artiom Popescu (Ippolito), merita un discorso a sé: l'interpretazione sembra incredibilmente originale, fotografia di un uomo narcisista, distaccato e strafottente. A ringraziamenti iniziati si scopre che in nulla attore e personaggio si differenziano e non si crede davvero ai propri occhi (colpisce la sua incapacità di applaudire gli altri).
Lo spettacolo evoca le pene dell'amore proibito da una morale "imposta dagli umani, non dagli dei" riproponendolo con un video finale nella modernità con un facile riferimento all'omosessualità.
Informazioni utili: Compagnia "I Ludici"
Titolo: I silenzi di Fedra - Eteree sospensioni viola
Autore: Angela Ricci
Regia: Angela Ricci
Interpreti: Angela Ricci (Fedra), Francesca Mariani (Anima di Fedra), Sara Menna (Afrodite), Flavia Li Vigni (Artemide), Artiom Popescu (Ippolito), Giulia Lucarini (Polifante) ...
Genere: Tragedia
Dove: Teatro Piccolo di Pietralata
Quando: 20 e 21 settembre
Voto: 6/10
lunedì 8 settembre 2008
Il mercante del Globe
Non c'è nulla che Antonio non sia disposto a fare per lui ecco perché, quando questi gli chiede in prestito una somma di denaro molto alta, egli non si nega neanche per un istante pur non avendo tanti soldi. È quindi costretto a indebitarsi con "l'ebreo" usuraio Shylock, suo acerrimo nemico per questioni di razza e religione.
Shylock trova l'occasione di potersi vendicare di tutte le discriminazioni subite e, in cambio del prestito, non chiede alcun interesse ma fa promettere ad Antonio (con tanto di firma sul contratto), che se non dovesse restituire il denaro preso entro tre mesi, riscuoterà il suo premio prendendosi una libbra di carne del suo corpo nel punto più vicino al cuore.
Antonio non si preoccupa del crudele patto in quanto convinto che le sue navi salperanno al più presto rendendogli entro un mese il triplo della somma che doveva all'ebreo ma una tempesta fa affondare le sue merci e costui si trova senza il denaro da restituire.
Shylock, senza alcuna pietà, pretenderà dal Doge la sua giustizia ma in aiuto di Antonio, interverrà Porzia, la moglie di Bassanio che riuscirà a rivoltare contro Shylock il suo stesso disumano contratto.
Al di là dell'atmosfera suggestiva che si respira al Globe Theatre, considero questa una delle opere migliori di Shakespeare in quanto non è possibile delineare in tutto e per tutto un personaggio totalmente positivo e il suo antagonista.
Se da un lato si ammira Antonio per la sua straordinaria bontà di fratello nei confronti di Bassanio, dall'altro lo si disprezza per il suo razzismo e antisemitismo nei confronti di Shylock;
se in principio si prova pena per i torti subiti da Shylock, alla fine lo si odia per il suo cuore di pietra.
Per quanto riguarda l'allestimento, ritengo doveroso dover lodare la regista per la posizione presa in merito al personaggio di Lancillotto (e una lode ancora più grande va all'attore che lo interpretava): vedere questo personaggio molto simile a un Arlecchino goldoniano più che a un diavoletto è stata una scelta davvero azzeccata.
Ho trovato molto divertenti e assolutamente in luogo i due pretendenti di Porzia: il marocchino e lo spagnolo entrambi pieni di sé fino al ridicolo dando un tocco di parodia alla tragedia.
Considero questi attori di ruoli secondari (di cui, ahimé, non trovo i nomi), più valenti degli stessi protagonisti a volte poco "sciolti" e troppo fedeli al rigore che il testo chiedeva (ma questo è solo un mio punto di vista) .
Un pregio che devo riconoscere a Carlo Ragone è quello di non essersi fatto influenzare dall'interpretazione cinematografica di Al Pacino (cosa che temevo e che, fortunatamente, non si è verificata) riuscendo a regalare un'eccellente e personale performance.
Una sola perplessità: era proprio necessario far recitare gli attori con il microfono?
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Titolo: Il mercante di Venezia
Autore: Shakespeare
Regia: Loredana Scaramella
Interpreti: Carlo Ragone (Shylock), Orlando Cinque (Antonio), Mauro Santopietro (Bassanio), Loredana Scaramella (Porzia), Roberto Mantovani (Il Doge Di Venezia)
Genere: Tragedia
Dove: Globe Theatre(Ingresso principale: Largo Aqua Felix (Piazza di Siena) - Villa Borghese, Roma)
Quando: Fino al 21 settembre
Voto: 7/10
sabato 14 giugno 2008
Ascanio Celestini "La pecora nera"
Critica alla società dei consumi e alla società in genere sono gli argomenti che girano intorno al testo di Ascanio Celestini "La pecora nera".
Il mondo viene visto attraverso gli occhi di Nicola, un ragazzo nato nei "favolosi anni '60" (come viene ritmicamente ripetuto fino alla noia) che a scuola non andava molto bene, anzi, possiamo dire che era "la pecora nera" della classe.
Nicola ha un padre all'antica, una madre rinchiusa in manicomio e una nonna con "calze pesanti della farmacia e scarpe ai piedi" che offre a tutti le uova della gallina ripetendo sempre la frase "bevi è fresco, puzza ancora del culo della gallina".
Nicola verrà presto considerato come pazzo e, nella sua solitudine, non gli resta che crearsi un amico immaginario.
La polemica contro il mondo borghese, il clero e soprattutto la crudele scienza dei manicomi con i loro elettroshock è vista con ironia e surrealismo che fanno ridere senza far riflettere "ma è giusto ridere di queste cose?"; la sua critica al consumismo sembra venire anche dall'allestimento dello spettacolo, sempre molto povero e spoglio: una lampada, una sedia, un manichino e un pannello sul quale è scritta la frase "sono morto quest'anno" che viene ripetuta per tutta la durata dello spettacolo.
Gli episodi profondamente teneri come il protagonista da bambino che si innamora di Marinella, o quando va al supermercato e conta le scuregge della suora del manicomio fanno pensare che tutto quello che stiamo vedendo altro non è che il frutto della fantasia dell'autore ma, come al suo solito, Celestini si interrompe di tanto in tanto per lasciare spazio alle testimonianze in audio del "vero" Nicola protagonista della storia che ci fanno capire che la drammatica e surreale situazione è, in verità, fin troppo reale ed è proprio con una registrazione che congeda il pubblico con una frase, a mio avviso, davvero molto bella e commovente detta da Nicola dopo essere uscito dal manicomio e averlo osservato per la prima volta dall'esterno:
"Come si può camminare su un prato verde ed essere tristi? Lasciate a noi che stiamo lì dentro tutte le vostre tristezze".
Informazioni utili:
Titolo: La pecora nera
Autore, Regista, Interprete: Ascanio Celestini
Genere: Narrazione/Sperimentale
Voto: 8/10
sabato 31 maggio 2008
Il matrimonio di Diego e Francesca
I cellulari non prendono, la maccchina non riparte e per strada non passa nessuno che possa dar loro una mano, pertanto i due sfortunati, non possono far altro che aspettare soccorsi e ammazzano il tempo parlando dei loro problemi con l'altro sesso e del loro punto di vista sulla vita coniugale sfatando miti, toccando luoghi comuni e "sfottendo" i cliché dell'intimità di coppia.
Ad essere sincero, sulle prime, ero un po' scettico riguardo al testo che, con soli due personaggi, nessun intervallo, lungo quasi due ore, sul palco piccolissimo del Teatro dei Satiri potesse essere tanto brillante da non far calare mai l'attenzione del pubblico; di questo chiedo umilmente scusa a Diego Ruiz, autore e protagonista de "Il matrimonio può attendere" perchè la serata che ha saputo regalarci è stata ricca di risate fino alle lagrime.
Pur toccando temi ultra-affrontati da migliaia di comici e cabarettisti, il testo (nella sua semplicità) riesce a non essere mai banale e scontato anche grazie alla straordinaria bravura dei due attori (brava, brava, brava Francesca Nunzi) che sul palco si divertono e ridono e fanno divertire e ridere.
Sono irrestibili le facce di autocompiacimento di Diego e gli strani versi gutturali di Francesca per non parlare delle volte che i due attori uscivano dai loro personaggi e commentavano sè stessi,
L'unico grande rammarico che ho nei confronti di questo spettacolo è che sono andato a vederlo alla penultima replica quindi non ho molte possibilità di consigliarlo ad altri ma spero vivamente che venga replicato alla prossima stagione cosicchè da poterci tornare e, magari, portare qualche amico convinto che il teatro sia noioso perchè è solo Ibsen e Ionesco... questo gli farà senza dubbio cambiare idea.
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Titolo: Il matrimonio può attendere
Autore: Diego Ruiz
Regia: Nicola Pistoia
Interpreti: Diego Ruiz, Francesca Nunzi
Genere: Comico
Dove: Teatro dei Satiri (via di Grottapinta, 18)
Quando: fino al 31 Maggio
Voto: 8/10
mercoledì 7 maggio 2008
"Le femmine sapute" al teatro Ghione
La giovane e bella Enrichetta è innamorata dell'altrettanto giovane e aitante Clitandro.
Come è ovvio immaginare, l'ostacolo al loro amore lo si trova nei genitori di Enrichetta: il padre, che sarebbe anche disposto ad accettare il loro matrimonio, non ha il coraggio di affrontare la terribile moglie appassionata di scienza e filosofia che vuole dare la sua giovane figlia in sposa all'intelligente (?) poeta e filosofo Trisottino che frequenta la famiglia per ragioni assai meno intellettuali: il danaro.
Certamente l'accoppiata Salines-Buscemi è vincente ma non si può dire lo stesso per tutto lo spettacolo.
Il testo non è dei più famosi di Moliere e, guardandolo, si capisce benissimo il perchè: non presenta nè molte battute nè molte situazioni comiche ma sembra essere, piuttosto, una denuncia alla società intellettuale dell'epoca assai poco calzante con i giorni nostri.
Ma il vantaggio di un testo di Moliere è che lo si può facilmente adattare senza inquinarlo con stupidi modernismi esattamente come ha fatto Croccolo con l'Avaro (vedi recensione), cosa che, purtroppo, Buscemi-regista non ha saputo sfruttare molto bene.
Tutti gli attori hanno un'impostazione "troppo classica" e ciò non fa altro che rendere più noiose le scene con battute più fiacche.
E' stato come se gli attori si fossero adagiati sul testo senza sforzarsi più di tanto nel cercar di far ridere, grave errore se si recita una commedia di specifici autori (tra i quali, Moliere) che scrivono commedie apposta per guitti, in cui il testo altro non è che il pretesto per raccontare una storia, ma poi è l'attore che deve creare la comicità.
Una particolare ammonizione va proprio ai giovani protagonisti: Enrichetta e Clitandro per la loro recitazione eccessivamente accademica; poteva andare bene per una tragedia greca o di Shakespeare ma non per una commedia di questo tipo.
Un altro errore grave, è stato quello di eliminare l'intervallo creando un grande atto unico; questo non ha fatto altro che stancare ancora di più lo spettatore.
L'unico pregio che garantisce la sufficienza allo spettacolo in generale è la bravura dei due protagonisti che rendono piacevoli quantomeno i momenti in cui sono in scena.
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Titolo: Le femmine sapute (le intellettuali)
Autore: Moliere
Regia: Andrea Buscemi
Interpreti: Antonio Salines, Andrea Buscemi, Francesca Bianco, Livia Castellana, Renato Raimo, Alessio Sardelli, Eleonora Zacchi, Riccardo De Francesca, Cristina Sarti
Genere: Commedia
Dove: Teatro Ghione (via delle fornaci, 37; zona: S. Pietro)
Quando: dal 6 al 18 Maggio 2008
Voto: 6/10
giovedì 17 aprile 2008
Claudio Insegno ci offre un po' di "Risate al 23° piano"
Come in tutti gli uffici, non tutti vanno d’accordo ma, un po’ per non perdere il posto di lavoro, un po’ per un certo affetto creatosi con il corso degli anni, tutti cercano di sopportare i difetti altrui e lavorare in armonia ecco perché, quando la BBC (nota rete televisiva americana) decide di prendere in mano le redini del programma imponendo tagli, cambiamenti e presunti licenziamenti, tutti vivono la situazione con non trascurabile fastidio.
Il cast interprete della commedia di Neil Simon è eccellente; ogni attore merita grandi lodi e non è possibile stabilirne uno più bravo degli altri. Claudio Insegno–regista ha saputo dimostrare ancora una volta di avere buone capacità di tempi e situazioni comiche; riesce ad alzare i toni senza mai trasformare tutto in farsa pur creando condizioni assurde e paradossali.
I momenti più irresistibili sono proprio quelli corali in cui ogni attore mostra una perfetta sintonia con il gruppo trasformando in comiche anche semplici scene.
L’unica grande pecca di questo spettacolo è proprio il testo; chiunque penserebbe di andare sul sicuro puntando su Neil Simon e credere che la risata facile è assicurata invece, inaspettatamente dal nostro amato Neil, questo testo risultava essere molto fiacco, debole e talvolta addirittura lento.
Più che risate al 23° piano, si dovrebbe parlare di sorrisi in quanto sono presenti molte battute ma di qualità discutibile e le uniche volte che si ride sono dovute alla bravura degli attori tanto che di applausi a scena aperta ce ne sono stati davvero pochi.
È proprio questa nota dolente che farà precipitare molto in basso il voto dello spettacolo finale.
Forse Claudio Insegno (o chi per lui) avrebbe dovuto scegliere qualcos’altro di Simon ma, alla fin fine, meglio così; magari avrebbe scelto Due scapoli e una bionda e ci veniva proibita la rappresentazione anche di quello…
Informazioni utili
Titolo: Risate al 23° piano
Autore: Neil Simon
Regia: Claudio Insegno
Interpreti: Claudio Insegno, Marta Altinier, Stefano Messina, Marco Cavallaro, Sabrina Pellegrino, Ilaria Giorgino, Renato Sannio, Franco Mannella, Roberto Stocchi.
Genere: Commedia
Dove: Teatro Vittoria (Piazza Santa Maria Liberatrice; zona: Trastevere)
Quando: Fino al 4 maggio
Voto: 6/10
mercoledì 9 aprile 2008
ARTURO BRACHETTI, "L'uomo dai mille volti"
Dopo tanti anni e la morte della madre, Arturo torna nella casa della sua infanzia per portar via tutte le cianfrusaglie rimaste nel solaio dove era solito giocare da bambino.
L’Arturo che vediamo, ora è grande, indossa un abito scuro e un impermeabile, ha un lavoro, un telefono cellulare e di certo non può portarsi tutti i suoi vecchi giocattoli a casa dove creerebbero solo disordine e polvere, quindi, chiama un furgone per buttarli via.
Mentre aspetta, rovista qua e là e trova la borsa della madre che, magicamente, inizia a parlargli (con la voce di Sandra Mondaini) facendogli tornare in mente il mondo fantastico che si era costruito in quel solaio, ma soprattutto gli torna in mente un giorno in cui, a otto anni, la madre lo ha portato al circo e ha incontrato Federico Fellini, gli torna in mente l’“Arturo - bambino” che dice al Grande Maestro «Da grande, voglio diventare come te» e lui che gli risponde «Se vuoi diventare come me, allora non diventare mai grande».
Ed ecco che, in una brevissima manciata di secondi, Arturo si trasforma in tutti quei personaggi che hanno segnato la sua vita contribuendo a farlo diventare l’uomo che è ora.
Da Spiderman a Barbie, Brachetti prende le sembianze dei suoi giocattoli cambiando costume con incredibile rapidità. Non manca di citare tutti i divi di Hollywood e parodiare i grandi classici del cinema da Chaplin a Gene Kelly, da King Kong a Via col vento per concludere con un mega tributo al mondo felliniano.
Chi va a vedere uno spettacolo di Brachetti, lo fa “solo” per vedere all’opera il più grande trasformista di tutti i tempi pensando che lo spettacolo non potrà offrire null’altro di più. Eppure, quello che realmente mi ha colpito, non è stata la bravura (ormai arcinota) di Brachetti, ma il mio stupore di fronte a tutto quello che ho visto.
Per due ore e mezza il surreale è diventato reale e la magia è diventata ordine del giorno; il viaggio verso l’infanzia non è stato compiuto solo dal personaggio della storia, ma ogni spettatore si è sentito esattamente come quando, da bambino, restava ammaliato di fronte ad un prestigiatore con le carte ad una festa di compleanno.
Il pubblico viene trasportato in quei momenti in cui chiamava magie tutte quelle cose che i lumi della ragione ora impone di chiamare trucchi perché quegli stessi lumi, di cui ora non può fare a meno e di cui si fida ciecamente, non sono in grado di spiegargli che cosa sta succedendo su quel palco.
Quella di ieri sera, è stata senza ombra di dubbio, una delle migliori serate a teatro di tutta la mia vita, e lo dico con tanta certezza perché, al momento dei saluti, ho avuto difficoltà a trattenere una lagrima che tentava di scappare via per la commozione di quello che ho provato.
Informazioni Utili
Titolo: L'uomo dai mille volti
Autore: Arturo Brachetti
Regista: Serge Denoncourt
Interprete: Arturo Brachetti
Genere: Trasformismo / magia
Dove: Teatro Sistina (via Sistina, 129)
Quando: fino al 13 Aprile 2008
Voto: 10/10 con lode
venerdì 28 marzo 2008
QUELL' "AVARO" DI CARLO CROCCOLO
In soccorso di Elisa corre lo stesso Valerio che, essendo servo fidato di Arpagone, cerca di persuaderlo a rinviare la data di nozze mentre Cleante si rivolge ai servitori Freccia e Frosina.
La situazione si risolve quando, a seguito del furto della cassetta nella quale erano nascosti tutti i suoi beni, Arpagone si mostra più interessato a ottenere i suoi averi materiali, piuttosto che dedicarsi alle “faccende “ sentimentali.
È davvero uno spettacolo da non perdere quello in scena fino al 6 aprile al teatro Ghione.
Che Moliere fosse uno dei più grandi commediografi di tutti i tempi, è risaputo ma, come al solito, è il lavoro di attori e regista che determina la buona riuscita di uno spettacolo e, in questo caso, il cast è davvero eccellente.
Quello che colpisce in primo luogo è il sapiente lavoro registico di Maurizio Annesi nel mescolamento di stili: da un lato troviamo costumi di scena ben curati, tipici del seicento con grandi parrucche, merletti e fronzoli; la recitazione degli attori che interpretano Cleante, Elisa e Valerio è accademica e ben impostata, le musiche di sottofondo sono perlopiù classiche e walzer, il tutto per ricordare che, quel che vediamo, è un testo teatrale della seconda metà del 1600 e che il regista non ha voluto “sciuparlo” con inutili abbellimenti moderni (e di questo gliene sono grato). Dall’altro lato risalta l’estro di Carlo Croccolo nei panni dell’avaro che, come un bravo buffone, si lascia continuamente all’improvvisazione e continuamente esce dal suo personaggio per parlare direttamente al pubblico, interagire con esso e insegnargli che nessun attore colto e istruito può recitare in una commedia di Moliere meglio di un guitto.
Di fronte a tanta bravura, è piuttosto difficile (o meglio: quasi impossibile) stabilire un attore più bravo su tutti pertanto lascio un parere totalmente soggettivo dicendo che ho trovato estremamente simpatico l’interprete di Mastro Giacomo (cuoco e cocchiere di Arpagone) con il suo accento pugliese che ricorda il Lino Banfi degli anni ’70 spesso incline al gramelot che, insieme a Croccolo, creava situazioni comiche davvero irresistibili.
Nota: il traduttore del testo è lo stesso che ha tradotto e diretto Romeo e Giulietta.
Informazioni utili:
Titolo: L'avaro
Autore: Moliere
Regia: Maurizio Annesi
Interpreti: Carlo Croccolo (Arpagone), Cristina Caldani (Frosina), Fosca Banchelli (Elisa), Fabio Fusco (Cleante), Emanuele Piemonti (Valerio), Carlo Altomonte (Anselmo), Maurizio Semeraro (Mastro Giacomo), Titta Graziano (Mariana), Alessandro Epifani (Freccia), Vincenzo de Luca (Mastro Simone - Magistrato)
Genere: Commedia
Dove: Teatro Ghione (via delle Fornaci, 37; zona: S. Pietro)
Quando: Fino al 6 aprile
Voto: 9/10